Il calo di interesse per le professioni sanitarie
Negli ultimi anni, sempre meno giovani scelgono di intraprendere carriere nel settore sanitario. Secondo un rapporto OCSE, la pandemia di COVID-19 ha messo in evidenza le difficili condizioni di lavoro, lo stress elevato e le retribuzioni non sempre adeguate, scoraggiando molti aspiranti medici e infermieri.
In Italia, il numero di iscritti ai corsi di laurea in infermieristica è diminuito del 20% tra il 2019 e il 2022, nonostante l’aumento dei posti disponibili. Anche se il tasso di occupazione dei neolaureati rimane alto, la carenza di personale sanitario rischia di diventare un problema strutturale.
Le sfide da affrontare
Uno degli ostacoli principali è la disparità di genere: le donne rappresentano oltre l’80% degli studenti di infermieristica in Italia, mentre gli uomini restano poco attratti da questa professione. In altri paesi, come la Francia, piattaforme di selezione centralizzate hanno facilitato l’aumento delle candidature, mentre in Italia il trend è stato opposto.
Un altro fattore critico è la percezione della professione. Gli stipendi non competitivi e le condizioni di lavoro difficili scoraggiano molti giovani. Inoltre, la formazione sanitaria richiede un impegno a lungo termine, senza garanzie di una carriera stabile e ben retribuita.
Le soluzioni dell’OCSE
L’OCSE propone diverse strategie per rendere le professioni sanitarie più attrattive:
- Migliorare le condizioni di lavoro e le retribuzioni per incentivare i giovani ad intraprendere queste carriere.
- Promuovere l’equità di genere, incoraggiando anche gli uomini a considerare la professione infermieristica.
- Investire nell’orientamento scolastico, con programmi di sensibilizzazione nelle scuole superiori e incentivi economici per gli studenti.
Secondo l’OCSE, prevenire una crisi del personale sanitario richiede un’azione coordinata tra istituzioni, università e settore sanitario. Solo investendo nelle nuove generazioni si potrà garantire un sistema sanitario solido e resiliente per il futuro.
Fonti : www.oecd.org